IL MUSEO IGHINIANO
SPRINGHETTI C., Il museo Ighiniano. in: CASATI D. (2007). Il Collegio di Carcare. Personalità e didattica dell’istituzione scolopica nell’Ottocento. Grifl – Rocchetta Cairo, pp. 269 – 284
Riattivato presso la Casa Provincializia di Genova Cornigliano, il nome di ‘Museo Ighiniano” lo si è voluto mantenere perché così lo chiamarono i Padri di Carcare, e così lo chiamò anche il prof. Giuseppe Rosso, docente all’Università di Genova ed autore de “I primi abitatori delle Langhe” (1942), in una lettera inviata al p. Bigliani il 14 gennaio 1941. Il Museo Ighiniano fu fondato a Carcare da M. Filippo Ighina verso la metà dell’Ottocento, probabilmente nel 1843.
Ighina nasce a Calizzano (Savona) nel 1821. Frequenta gli studi superiori a Genova e, nel 1838, entra nell’Ordine dei Padri Scolopi. Dopo il Noviziato (anno ai prova), viene inviato a Carcare nel 1839 e di qui non si allontanerà più.
Nel 1846 è ordinato Sacerdote. A Carcare diventa ministro del Convitto, insegnante di Italiano nelle Elementari e di Latino nelle scuole inferiori. Dal 1846 incomincia a dedicarsi allo studio delle Scienze Naturali, materia di cui diviene anche insegnante del Liceo, anche se solo nel 1862 gli sarà conferita l’autorizzazione ufficiale (vedi lett. del Perez e Casareto, Savona 4-8-1862, Genova 30-8-1862).
Autodidatta, senza alcun maestro e senza alcuna guida, ma animato solo dalla sua naturale passione e laboriosità, incomincia a raccogliere reperti paleontologici, fossili e filliti (impronte di piante pietrificate) nella zona delle Langhe (classica zona terziaria particolarmente ricca di fossili), nell’Astigiano, in Val Bormida ed in tutta la Liguria.
Dal 1843 p. Ighina creò dal nulla un nuovo museo che occupò due sale di una palazzina attigua al Collegio, sulla collinetta nel Parco degli Scolopi. Al piano terra sistemò il materiale paleontologico, dal periodo paleolitico all’età del ferro: cuspidi di lance, punte di frecce, coltelli di selce, raschiatoi, asce col manico di legno o di corno, vasi funebri, lucerne di terracotta, vasi lacrimatoi (oggetti conservati ancora in parte nella prima sala del nuovo Museo Ighiniano. di Cornigliano). Tra lisciatoi, raschiatoi e armi in pietra levigata, i reperti sono 128; tra scalpelli, cuspidi, frecce in selce e altri mate- riali, 77 pezzi.
Qui collocò pure riproduzioni di Dolmen, di monumenti megalitici e lacustri, ora purtroppo andati persi a causa dei vari spostamenti subiti dal Museo (trasporto infausto dalla palazzina al Collegio carcarese). Al secondo piano furono ordinate le collezioni di zoologia, di mineralogia, di geologia, di paleontologia. Vi espose le filliti del Pliocene e la raccolta di conchiglie fossili e più recenti, ricca di ben 4000 esemplari, raccolte ancora esistenti ed esposte nell’ attuale museo,
In questa seconda sala furono esposti pure grossi fossili, da lui raccolti, di Ursus spelaeus, Antracotherium, Sus, Eqt.ms, Canis, Bos, Cervus, Elephans, Rhinoceros, frammenti di Mastodont, Amphitragulus, Oxina astr. ecc. Contemporaneamente p. Ighina iniziava la collezione numismatica del periodo greco e romano, raccolta realizzata tramite scambi di reperti archeologici e doppioni.
P. Ighina modellò poi gli esemplari dei funghi velenosi italiani fino allora conosciuti, questi ‘pezzi’ sono conservati e aspettano di essere esposti nella nuova sala di Cornigliano con il prezioso erbario (stupenda la collezione delle felci con pezzi risalenti al 1700).
La fama di p. Ighina varcò ben presto i confini di Carcare, diventò ben presto nazionale ed internazionale, come è testimoniato dalla corrispondenza epistolare, che è conservata nell’Archivio Provinciale dei Padri Scolopi (Ge-Cornigliano), con i più famosi studiosi di paleontologia, di mineralogia e di scienze naturali del suo tempo. Bastino i nomi di questi studiosi: Issel, Gastaldi, Sismonda, Nicolucci, Capellini, Cornaglia, Perez, Perrando, Michelotti, Pigorini, Mercalli ecc.
P. Ighina invierà doppioni dei suoi reperti e molti fossili ai vari musei d’Italia e all’estero, ricevendo in cambio minerali e reperti archeologici sconosciuti all’uomo primitivo ligure- come le armi in silice (materiale assente nelle Langhe e in Liguria) e monete del periodo greco-romano.
Giovanni Michelotti, del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio a Torino e studioso di fama mondiale in fatto di conchiglie fossili, nel 1861 diede il nome di Ighina tre conchiglie fossili rinvenute da p. Ighina e inviate allo studioso perché le studiasse e le classificasse.[1] Essendo queste conchiglie del tutto sconosciute, furono chiamate: Cornus Ighinai, Pleurotoma Ighinai, Cerithium Ighinai.
P. Ighina fu invitato ad esporre le sue preziose raccolte archeologiche a varie esposizioni nazionali ed internazionali come a Parigi (1867) dove ottenne anche una medaglia, Bologna (1870), a Genova (1872 e 1876) a Savona (1873 e 1878) e Finalmarina (1873) in occasione dell’apertura della ferrovia Genova-Ventimiglia, ottenendo vari riconoscimenti e benemerenze, Divenne pure socio della Società Italiana di Scienze Naturali e Storia Naturale.
Quando il Pigorini, direttore dei musei del nuovo Regno. d’Italia, volle fondare il Museo Paleontologico in Roma chiese a p. Ighina di inviargli alcune armi in pietra e utensili della sua collezione, per dimostrare che anche in Liguria. visse l’Antropolide Terziario e materiale del Pliocene.
P. Ighina venne in possesso di un pezzo di cranio e un pezzo di mascellare inferiore, con apofisi coronoide ed un premolare in loco, rinvenuti durante uno scavo in località Sperone in Savona. Lo scheletro trovato era impigliato nella marna del Pliocene (ultimo periodo dell’era terziaria) con accanto pezzi di carbone molte ostriche fossili del tempo.
P. Ighina donò il tutto all’amico Issel, direttore del museo di storia naturale di Genova, perché li studiasse. L’Issel presentò i reperti e la propria relazione al Congresso di Parigi (1867) e più tardi a quello straordinario di Vicenza. Arturo Issel nel 1875 pubblicò un grosso volume dal titolo “I tempi preistorici”, inserendo la sua relazione sull’ ominide di Savona (pagg. 739-774). Nello stesso volume il disegno delle tre conchiglie fossili che portano il nome del p. Ighina. Attualmente il pezzo di cranio e il frammento mascellare sono esposti al museo di Scienze naturali in Genova.
Oltre alla Selce (rarissima nelle Langhe e in Liguria) la Giadeite, un’altra pietra dura usata dall’uomo primitivo per la costruzione di armi ed utensili, è la Cloromelanite. In Europa non si conosce nessun giacimento di questa roccia nerastra o verde scura tenacissima (dur. 6,5). p. Ighina ha trovato Però nelle Langhe alcuni esemplari di asce di questo materiale che furono esaminati dal Gastaldi, Interessantissima la lettera che il Gastaldi scriverà al p. Ighina il 1° giugno 1870. Ecco qualche passo:
“Padre mio carissimo…
procuri anche ella nelle sue corse attraverso le. colline delle Langhe di cercare fra i ciottoli se vi trovi di quelli della piétra dell’accetta (appunto di Cloromelanite). Sono ricerche che io fo da alcuni anni senza risultato ma che potrebbero darne dei buoni, ripetendole in quei paesi dove le accette sono frequenti. lo sarà lieto che ella trovasse quella benedetta Cloromelanite nei dintorni di Carcare e che ai tanti servigi da lei resi alla e Paleonografia del nostro paese possa aggiungere quella della scoperta della roccia colla quale nostri antenati fabbricavano le loro asce; questa scoperta avrebbe un “alta portata scientifica non solo pel nostro paese, ma Per tutta I’Europa…”.
A chi apparteneva il Museo? Al Collegio al P. Ighina? Domanda di attualità, viste le sorti che sarebbero toccate al Collegio sia durante la soppressione dei beni religiosi prima e della chiusura del Collegio poi.
Importante al riguardo è la lettera del Sismonda, direttore del Museo delI’Università di Torino, interpellato in merito:
“Il sottoscritto avendo relazioni scientifiche col reverendo padre Filippo Ighina dovette capacitarsi, che la collezione mineralogica e paleontologica esistente nel Collegio di Carcare è prodotto esclusivo di attive e fortunate vicende intraprese dal sud.to Padre; e delle cure da lui impiegate per pro-curarsi oggetti di estese contrade, e specialmente minerali, mediante la pratica di cambi che coltivò con varii stabilimenti scientifici, tra i quali, col Museo della R. Università di Torino, per cui il sottoscritto direttore di questo stabilimento sulla domanda fattigli al padre Ighina di buon grado fa, e gli consegna la presente dichiarazione.
Torino, 13 Agosto 1866
Angelo Sismonda
Il 22 ottobre 1987 il fratello di P Ighina, da Mondovì gli proponeva: “Ora Senti una mia idea che ti spiegherò meglio a bocca: Tu hai un Museo in Collegio, ma a Calizzano questo si sa appena. Non andrebbe bene un altro museo da far proprio in casa nostra, nella Camera fatta a galleria? Se quando eravamo piccoli avessimo avuto una collezione di oggetti che ci avesse dato le prime idee di storia naturale, sarebbe stato per noi un bel vantaggio scientifico e morale. Tu saresti diventato scienziato più presto, e tutti avremmo apprezzato qualche cosa di bello e di utile, invece di frivolezze. Facciamo adunque pei posteri ciò che non abbiamo ereditato. Per gli amici, per gli ospiti, per i nipoti sarà un luogo di trattenimento vantaggioso, si faranno scansie per gli oggetti e anche per collocarsi la libreria, e sarà la camera ove si andrà per iscriver una lettera senza andar nello studio di Carlino”.
Ma p. Ighina non accolse l’invito. Il p. Ighina morì in Carcare all’età di 55 anni il 17 aprile 1876.
Nel 1970 il p. Pastore, allora Provinciale degli Scolopi, incaricò lo scrivente P Springhetti Celestino di trasportare il Museo di p. Ighina nella nuova sede di Cornigliano dove fu unito al museo salvato in parte dal bombardamento del 1943 che aveva colpito il Collegio calasanziano genovese.
Dopo varie sistemazioni, dal 1984 l’Istituto Calasanzio è orgoglioso di aprire i reperti e le raccolte del P. Ighina al pubblico (previo appuntamento telefonico) in un nuovo ambiente e in nuova veste realizzati grazie alla costanza e all’ interesse del P Mario Pastore, scomparso il 12 marzo del 1986.
Attualmente direttore del museo p. Celestino Springhetti, che sta lavorando per la pubblicazione della guida al museo e all’ apertura di una nuova sala per l’esposizione dell’erbario, della raccolta delle monete greco-romane e dei modelli di funghi velenosi, opera del p. Ighina…
Annesso al Museo stesso sarà aperta, una sala per la consultazione dei manoscritti del p. Bigliani, il successore di P. Ighina e continuatore del Museo, nel quale egli raccolse circa 20.000 esemplari di coleotteri alcuni dei quali di assoluta rarità. Basti pensare ad alcuni coleotteri da lui scoperti nel Bormida di Pallare, di Mallare, di Millesimo e di Spigno (alle falde del Settepani) e che furono classificati con il nome di Hidrena gracilis Bigliani, Hidrena truncata Bigliani, Enopolium praestum Bigliani, Bathisciola Bigliani, Axinotarsus Bigliani, Axinotarsus ruficollis (v. volume: “I primi abitanti delle Langhe”, di G. Rossi, p. 82).
Per trovare i vari luoghi delle Langhe dove il p. Ighina rinvenne i vari reperti sarebbe necessario consultare l’archivio dei vari musei con cui il p. Ighina era in comunicazione epistolare, specialmente a Genova (Issel), Torino (Gastaldi-Sismonda-Angelucci), Milano (Cornaglia), Roma (Pigorini), Savona e Sassello (Perrando e Perez).
Chissà che un giorno un giovane studente universitario non decida di fare una tesi di laurea proprio su P. Ighina! Sarebbe un grande aiuto per la conoscenza di un Padre che per Carcare ha dato la vita e per il bene dei Carcaresi stessi che conoscerebbero così meglio il loro territorio che è stato e che è così ricco di reperti del Terziario e del Pliocene.
Mercalli sui “colli ameni di Carcare”
Tutti sanno chi sia Mercalli, il ‘padre dei terremoti’. Pochi però sanno che, oltre ad essere vulcanologo e sismologo di fama mondiale, Giuseppe Mercalli, nato a Milano nel 1856, fu anche sacerdote, insegnante di scienze naturali nel Seminario arcivescovile di Monza e successivamente Direttore dell’Osservatorio Vesuviano di Napoli. Quasi nessuno poi sa come morì; la sua fu una morte tragica; restò carbonizzato da un incendio, acceso inconsciamente da lui stesso nella sua cameretta, presso l’Osservatorio, nel 1914, proprio nel giorno del suo onomastico (19 marzo, festa di S. Giuseppe). Fu allievo dello Stoppani e si laureò in Scienze Naturali, dedicandosi allo studio della geologia dei depositi glaciali in Lombardia.
Dopo aver studiato gli effetti dei terremoti di Casamicciola (1883), delle isole Pontine (1892) e di Messina (1908), divise il territorio italiano in zone di rischio sismico (“microzoning”) suggerendo che le opere umane dovessero essere realizzate rispettando particolari criteri di sicurezza.
Pubblicò pure la prima carta topografica sulla sismicità italiana e costruì una Scala Empirica dell’intensità sismica che porta il suo nome (Scala M.M.) e che, pur con modifiche (Wood e Neumann), è ancora in uso, specialmente nel mondo occidentale, accanto alla Scala Ritter.
La scala Mercalli originale comprendeva 10 Gradi, ma dopo aver studiato gli effetti del terremoto di Messina con la collaborazione dello Scolopio fiorentino p. Guido Alfani (Direttore del’Osservatorio Ximeniano di Firenze, che per primo aveva registrato il catastrofico terremoto che aveva avuto come epicentro la stessa Messina e, non creduto, aveva data la tremenda notizia al mondo), vi aggiunse altri due gradi: al dodicesimo diede il nome di “Scossa catastrofica”.
Nel 1875 il Mercalli, allora venticinquenne, fu ospite del p. Ighina al Collegio di Carcare per compiere alcune escursioni geologiche, così tra i due sacerdoti e scienziati si instaurò un rapporto fraterno e scientifico, come risulta dalla loro corrispondenza epistolare.
Il 3 Marzo del 1876 il Mercalli scriveva a p. Ighina: “Le ho spedito (ferma in stazione di S. Giuseppe di Cairo), una cassetta contenente alcuni minerali che desiderava.. spero di poter procurarle tutti i minerali che mi ha dato in lista, ma con rincrescimento ne mancano ancora molti: credo però che fra quelli che le mando, vi siano i più necessari, fra quelli da Lei desiderati ad aversi in una collezione mineralogica…”
Sapere che nel Museo Ighiniano di Genova-Cornigliano, ma fino al 1970 residente in Carcare, parte della collezione di mineralogia sia dono del Mercalli, ci rende particolarmente felici. Lieti poi sono tutti i Carcaresi per aver dato ospitalità e usato “tante gentilezze” (sono parole sue) a questo insigne studioso e nel sapere quanto ricchi di fossili dell’ Era Terziaria siano quelli che il Mercalli gentilmente chiama in una sua lettera al p. Ighina (e che riportiamo quasi per intero) “gli ameni colli di Carcare” .
Molto Reverendo Padre,
Eccomi a darle relazione delle due escursioni geologiche che ho fatte dopo Carcare. A Dego, dietro le di Lei indicazioni che ho trovato di una esattezza matematica, mi portai di buon mattino sulla località fossilifera. Vi stetti 3 ore a raccogliere e più ancora ad ammirare…
Il giorno appresso mi portai in Incisa Belbo e di qui a Cortiglione; cercai del sacrestano, il quale gentilmente mi fece accompagnare da un suo figlio sul campicello fossilifero.
Anche qui stetti 3 o 4 ore a raccogliere Ostriche, Pettini, Perne, Spondilus, pectinicoli tutti giganteschi; poi piccole Natiche, Turitelle, Vermy: Cardite, Nucule, Balani, Dentalium etc. etc.
I copiosi frutti di queste due escursioni io le devo tutti a Lei: ne la ringrazio perciò con tutto il cuore ed insieme rinnovo i più vivi ringraziamenti per le gentilezze di cui mi ha colmato il giorno in cui a Carcare ebbi l’onore di fare la di lei conoscenza.
Se ben mi ricordo, ella mi disse che Michelotti ha un lavoro speciale sopra i depositi fossiliferi di Carcare e Dego: non potrebbe favorire ad indicarmi il titolo preciso che porta quel lavoro? N’avrei bisogno per sapere precisamente a qual terreno appartengono i fossili che possiedo e per rendermene più facile la determinazione. Quelle impronte di foglie che abbiamo raccolte appena fuori di Carcare su quel campicello che stavano dissodando sono foglie di bellissimi Cinnamomum.
Se mai dell’istessa località da altre località simili potesse facilmente avere altre impronte di foglie, farebbe un prezioso servigio alla paleontologia vegetale arricchendola, forse di qualche nuova specie e certamente di notizie sulla flora che adornava il versante Settentrionale dell’Appennino in quell’epoca in cui sul versante meridionale lussureggiavano le palme e pascolavano gli Antracoterii.
(…)
Devotissimo p. Mercalli Giuseppe
professore di Storia Naturale
nel Seminario Arcivescovile di Monza
Monza, 29 Ottobre 1875
(..) Le auguro fruttuose per la di lei preziosa salute e per la scienza le passeggiate che farà in codesta lieta stazione sugli ameni colli di Carcare. Riceva di nuovo i più vivi ringraziamenti per le tante gentilezze usatemi in quei giorni in cui feci la di lei conoscenza a Carcare e mi creda.
3 Marzo 1876
P. Giuseppe Mercalli
12 asce litiche di Carcare al Museo Pigorini di Roma
Pigorini! Chi era costu… questo nome mi par bene d’averlo letto o senti- to; doveva essere un uomo di studio, un letterato del tempo antico: è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?…
Mi si perdoni (a parte il nome) la citazione manzoniana, ma ormai m’è scappata e poi mi fa proprio comodo per parlare del Pigorini che “letterato e del tempo antico” proprio non lo è stato essendo nato in quel di Parma solo nel 1842; ma “un uomo di studio” sì, perché ancora giovanissimo; su invito dello Strobel, incominciò l’attività di scatavatore archeologico, esplorando specialmente le Terremari parmensi.
A dir il vero fu anche “un nome di quelli'” perché fu chiamato al Museo di Parma da un altro illustre naturalista, il Lopez, cui successe ben presto nella direzione dello stesso Museo.
Nel 1870 Roma diviene Capitale del Regno, e Pigorini è chiamato dal Ministro della Pubblica Istruzione, Ruggero Bonghi, a dirigere la “Direzione generale dei Musei e scavi d’antichità”.
Contemporaneamente nella mente del Pigorini matura una grande idea: fondare nella Capitale un grande Museo preistorico-etnografico che raccolga reperti archeologici di tutte le regioni d’Italia.
Pigorini invia una circolare ministeriale a tutti direttori di Musei pubblici e privati, invitandoli a collaborare.
Il 13 novembre 1875 non sa che “pesci prendere”; lo scaffale del nuovo Museo riguardante la Liguria è ancora vuoto, e l’inaugurazione è imminente (1876); il “caso disperato” non gli resta che prendere carta ed inchiostro scrivere personalmente al p. Ighina in Carcare, perché gli venga in aiuto. Ecco la lettera giunta a p. Ighina.
Ch. Signor,
l’amore vivissimo di riuscire in un’opera, che tornerà di somma utilità ai comuni nostri studi sulle antichità preistoriche, mi dà cuore a invocare l’aiuto suo, mi suscita nell’animo piena fiducia di essere da lei assistito.
Ecco di che Si tratta. Con R. Decreto del 29 luglio, come forse ella saprà, fu istituito in Roma un Museo Preistorico e venne a me affidato fondarlo e il dirigerlo.
Dovendosi dare al Museo stesso il carattere nazionale, mi è parso utile di consacrare per rispetto all’età della pietra una sala all’Italia superiore, una all’inferiore, la terza delle nazioni estere.
Nelle sale dell’Italia destinai uno scaffale per ognuna delle nostre regioni, e già di molte adunai copioso materiale; ma quella che non è rappresentata in alcun modo e la Liguria, né so per qual mezzo riuscire ad avere qualcuna delle antichità litiche di tale paese.
Il mio pensiero, visto il caso disperato, è corso alla S. V. ed è per questo che mi piglio la licenza di scriverle.
Non potrebbe ella inviare a questa Direzione qualcuno dei suoi duplicati, specialmente delle asce levigate, di cui possiede così copiosa serie? Io mi farei in debito di presentare al sig. Ministro della Pubblica Istruzione il suo dono, ed ella avrebbe il conforto di avermi assistito validamente nel compiere ciò da cui è a sperare buoni frutti pei nostri studi.
Posso sperare di ottenere, non per me ma per le scienze, così segnalato favore?
Se valgo in qualche cosa, non mi risparmi. Intanto si compiaccia gradire i miei ossequi.
Dev.mo suo L. Pigorini
Così p. Ighina che difficilmente sapeva dir di no ad un amico e alla scienza preleva dalla sua preziosa raccolta dodici asce levigate dall’uomo primitivo delle Langhe liguri e le manda al Pigorini che già aveva potuto ammirare all’ “Esposizione Universale” di Parigi (1873) e all’Esposizione nazionale di Bologna (1870) la raccolta di p. Ighina conservata nel Collegio di Carcare.
I ringraziamenti non si fanno attendere e il 18 novembre 1875 il p. Ighina ricevé la seguente lettera dal Ministero della Istruzione Pubblica:
Al Signor Padre Filippo Ighina
Carcare (Provincia di Genova)
Sono infinitamente grato a VS. Ill’a del pregevole dono che le piacque fare al nascente Museo Nazionale Preistorico di Roma, coll’inviare a questo Ministero dodici asce di pietra, raccolte in vari punti di codesto territorio.
La Liguria non era fin qui in alcun modo rappresentata nel nuovo Istituto, e la S.V. coll’atto suo generoso, colmando una lacuna che in esso esisteva, riuscì a completarla egregiamente e a procacciarsi nuovo titolo alla benemerenza degli studiosi dell’archeologia preistorica, ai quali Ella da molti anni presta segnalati servigi coll’adoperarsi in ogni modo affinché si faccia la maggiore luce sulle primitive popolazioni di codesto paese.
Il dott. Luigi Pigorini, nel consegnare il pregevole dono di V. S., espresse il nobile intendimento da cui Ella è animata, di volere pure in avvenire cooperare all’incremento del nuovo museo; e io me le professo fin d’ora riconoscentissimo pel lodevole suo proposito, di accordare anche in seguito al Governo la più valida assistenza nel dar vita a un Istituto, a cui il paese e la scienza si ripromettono nuovo decoro e l’utilità maggiore.
D’ordine del Ministro,
Il Direttore
Fiorelli
Non credo (almeno non mi risulta) che la generosità del p. Ighina si sia spinta oltre, messo in guardia anche da una lettera che riceve il 25 febbraio 1876 dall’amico Gastaldi, già al Ministero dell’’Agricoltura, Industria e Commercio di Torino, risentito forse della nomina del Pigorini a direttore del nuovo Museo (al Gastaldi non fu perdonato d’aver rifiutato la nomina a commissario e di non aver inviato la sua raccolta all’Esposizione Nazionale di Bologna nel settembre 1970), il quale ignorava che il dono era già stato inviato. Così scriveva al p. Ighina:
A Roma il Ministero di Pubblica Istruzione ha iniziato un museo preistorico ed ella ed ella avrà certamente ricevuto una circolare a stampa con invito ad arricchire quel museo.
Ora vorrebbero andar via attirando dalle diverse province quello che possono in fatto di oggetti preistorici e son persuaso che ella sarà per la sua parte richiesto di vendere o regalare in tutto o in parte la sua ricca collezione di ascie.
Che le invii dei duplicati è bene perché è nell’interesse della scienza che nella capitale del Regno vi siano esemplari rappresentanti le varie province ma non si lasci saccheggiare la sua bella collezione e se mai le venisse in mente di alienarla si ricordi che io sono disposto a valutarla più di un altro qualsiasi. “
Nel 1876 si inaugura il nuovo R. Museo preistorico-etnografico in Roma e la Liguria è presente con le dodici asce di pietra provenienti da Carcare, asce che ancor oggi sono esposte in quel prestigioso Museo che passa alla storia giustamente col nome di Museo Pigorini” Il qual Pigorini nello stesso anno veniva chiamato alla cattedra di paletnologia nell’Università di Roma, che resse per circa 40 anni, divenendo il vero maestro degli studi di preistoria in Italia.
Non ci resta da aggiungere che Pigorini nel 1912 era nominato senatore del Regno e che morì a Padova il 10 aprile nel 1925. Come si vede, i suoi 83 anni li ha spesi veramente bene.
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[1] C. Michelotti, Ètudes sul Miocène inferieur de I’ltalie Septentrionale, 1861: si parla di tre nuove conchiglie fossili scoperte da p. Ighina e chiamate con il Suo nome.